domenica 27 ottobre 2019

Amici

Non ci vedevamo da più di 15 anni.
Ci incontriamo per caso al parcheggio del supermercato e decidiamo di andare a cena.
Scegliamo un ristorante messicano. Il locale è colorato, odora di spezie, la musica è alta e molte persone ridono.
Noi, nonostante il grande baccano, parliamo. Stiamo bene.
Improvvisamente, tra un burrito e una crema di fagioli, lui si fa serio. Beve un sorso di birra, deglutisce più volte, mi fissa. Occhi negli occhi.
- Ti voglio confessare una cosa, è ancora un segreto. Una cosa che ho scoperto recentemente e che mi ha cambiato la vita.
Temo che voglia vendermi saponi, pentolame, assicurazioni e sono pronta ad affrontare con garbo un soliloquio sulla magnificenza del sistema piramidale.
- La rivelo a te perché credo tu possa capirmi. Da quando l'ho scoperto il mio modo di gestire le relazioni, soprattutto con le donne, è cambiato. Finalmente mi sento me stesso.
"È omosessuale." Tiro un sospiro di solievo. 
- Ho scoperto di essere...
I ritmi etnici impazzano, un gruppo di amici alza i calici e brinda, il locale sembra diventato più piccolo e più chiassoso. Le stoviglie tintinnano, i camerieri corrono e qualcuno si alza per ballare.
- Ho scoperto di essere DOTATO.
Lo guardo.
Mi guarda.
Lo guardo.
Mi guarda e annuisce.
"Ha scoperto di essere dotato?"
- Come? DOTATO? - starnazzo, inghiottendo tre pezzi di carne.
- Ho scoperto di essere D-O-T-A-T-O - ripete solenne.
- Ah, buon per te. Che dire...
- Già.
- E hai scoperto di essere DOTATO a quasi 40 anni? - chiedo con sincero interesse.
- D-O-T-A-T-O
- Sì, ho capito, ma a quasi 40 anni? - sposto la bottiglia di acqua e allungo il collo.
- Ho scoperto di essere D-O-T-A-T-O - gli sfugge un sorriso piacione
- D-O-T-A-T-O, ma ora? come? 
- D-O-T-A-T-O - scandisce, spostando l'ingombrante baricentro verso di me.
"Non troppo, uomo." Penso. "Quel baricentro è pericoloso!"
Raccolgo tutte le energie, recupero fiato, stiro l'ugola e urlo... nell'esatto istante in cui la musica svanisce.
- E VA BENE! SEI SUPER DOTATO! DOTATOOOO. 
Tutto si ferma. Silenzio. Ci stanno fissando. Qualcuno è uscito velocemente dai cessi per darci una guardatina.
Lui ridacchia, si pavoneggia, e mi sussurra - ADOTTATO, ho scoperto di essere, ADOTTATO.

Probabilmente in un B.movie...morivo.

Inverno, notte.
Nel cielo nessuna stella. 
Un vento lieve muove le foglie dei platani e un unico lampione illumina la via come fosse la luna. 
Io sono a letto, stanca. Pensieri morbidi mi stanno portando verso l'oblio. I gatti dormono acciambellati sulla trapunta, il cellulare è spento e tutto è pace. 
BUMBUMBUM 
Un forte rumore interrompe la quiete. 
Ho gli occhi ancora chiusi, il cuore che trema e una intensa sensazione di disagio. "Sarà stato un incubo" penso, come quando si sogna di cadere e si inarca la schiena e ci si sente scimmie e cadaveri contemporaneamente. Decido di non fare niente e provare ad addormentarmi.
BUMBUMBUM 
Improvviso, forte, crudele, il rumore spezza l'aria, ancora. 
I gatti si svegliano e saltano scomposti, elastici e magici. Io scatto in piedi con meno fermezza, accendo la luce e corro verso il salotto. Il baccano non è ancora cessato. Temo sia entrato un animale. "Devo salvarlo". Arrivo in salotto, il rumore smette. Tutto tace. Non capisco. Cerco ovunque la presenza di un intruso, piccolo o grande. Controllo la porta di casa, tremo al pensiero che sia aperta. Impallidisco alla sola idea di dover lottare o supplicare per sopravvivere. Apro tutte le stanze, guardo sotto i tavoli, ricontrollo la porta, scuoto le spalle, faccio un mezzo sorriso e torno a letto. Appoggio la testa sul cuscino e BUMBUMBUM... ancora il rumore. 
Agisco in fretta, al buio. Striscio lungo il corridoio, mi sento nella giungla, in guerra, il pavimento è freddo, quasi umido. Ora, più forte del rumore, nelle orecchie ho i battiti del mio cuore. La bocca è asciutta, ogni senso è allertato. Sono quasi arrivata, esito dietro lo stipite. Il rumore aumenta, si fa più caotico come se qualcuno stesse rompendo della carta, sparpagliando ciottoli, grattando cuscini. Coraggio. Ci vuole coraggio. 
Avanzo. 
Mi allungo. 
Devo vedere. 
Ecco. Il rumore smette. 
Silenzio. 
Accendo la luce, tutto è normale. Ogni cosa è come l'avevo lasciata, anche la notte. Mi sento scema e malata... torno a letto correndo, quasi inseguita, osservata, in pericolo. Mi copro la testa con la coperta e aspetto. Niente. Ma io attendo, fingo di dormire per un tempo lunghissimo. Nulla. La mente inizia a svuotarsi, il corpo si fa molle, le prime immagini confuse di un sogno che sta per nascere mi trascinano via ed eccolo... BUMBUMBUM, il rumore, ancora. 
Questa volta mi rannicchio e lascio che qualsiasi cosa sia si sfoghi. Porta chiusa, gatti nel letto, mazza sul comodino.

martedì 13 agosto 2019

ITALIA BOLLENTE, CERVELLO ASSENTE.



Il mio compagno Jason è nato alle Hawaii da madre cinese e padre giapponese. Ha vissuto in quell'isola a due passi da alberi giganti, spiaggia, mare, delfini, orche, squali... per 40 anni. Poi ha avuto la sfortuna di trovare me: ha agitato la ciabatta e salutato Honolulu, messo in valigia cappotto e pezzi della sua vita ed è atterrato a Malpensa in un freddo pomeriggio di novembre. Un trauma. Ora vive a due passi da pioppi arsi, fiume Po, temutissime zanzare padane, nebbia, inverni. Con l'arrivo dell'estate pensava che le sue giornate avrebbero cambiato direzione: vestiti leggeri, natura rigogliosa, granita e passeggiate lunghe. Illuso. Alle Hawaii è sempre estate, ma un'estate diversa dalla nostra: il caldo infernale è mitigato dalla brezza e i 40 gradi non si raggiungono praticamente mai. Ho scoperto che noi italiani siamo resistenti: abbiamo la pelle forte come il cuoio, le tempie cromate, i calcagni costruiti sui cingoli. A noi l'estate umida, bollente e bastarda ci fa incazzare, molto, moltissimo, ma la gestiamo. Ce la andiamo anche a cercare. L'hawaiano no, non ce la fa. A volte lo trovo sdraiato sul pavimento, immobile, fluido e lunghissimo come un gatto. C'è da dire che quando abbandona la sicurezza dell'amico condizionatore, Piacenza gli riserva delle succulente sorprese. Regali che fatica a dimenticare.

IERI

Io e Jason camminiamo in centro città, il sole è alto, giallo e cattivo. Lui suda, ovunque. Suda talmente tanto che ha i piedi bagnati, lisci come il marmo e non riesce a trattenerli nelle infradito. Gli scivola l'alluce, gli sfugge il tallone, bestemmia in americano e poi perde il mignolo e slitta e slitta ancora. Fuck and fuck. Per questo, come l'ultima delle crocerossine, gli stringo la mano più forte del solito e lo aiuto ad arrancare. È come portare a spasso un aquilone di carne e ossa, un uomo bidimensionale in balia della tormenta. Ridacchio e penso a quanto siamo buffi. Due amanti teneri e sciocchi: io che lo trattengo, lui che non fugge via.  Tutto romantico, certo, come no. La fregatura è dietro l'angolo, o meglio, a portata di panchina. Dopo tutto quello sdrucciolare e quel tira e molla, appoggiare le terga all'ombra ci dovrebbe restituire un minimo di dignità. Dopo circa 37 secondi di meritato riposo, un uomo pingue, arrotolato in una tenuta sportiva lucida e nera si siede accanto a noi. Schiocca la lingua, si asciuga la fronte con un polsino in spugna, giallissimo, uno di quelli che andavano di moda negli anni '80 e si allarga soddisfatto l'elastico dei pantaloni. Ha anche un berretto calato fino a metà fronte, un anello nero e i denti nuovi. Mi viene da chiamarlo Caronte.

- Io non mi permetto eh, ma mi perdoni eh, dovevate fare il contrario, sa? - dice.
- Come scusi? - rispondo, distratta.
- Il contrario. Dovevate fare il contrario! - insiste.
- Ahhh - fingo di capire e mi sposto un pochino. Quel tanto che basta da farlo notare.
Forse puzzo, è un misogino, le donne prosperose lo confondono. Mi controllo l'alito e l'ascella senza farmi notare. Nulla. Con una mossa rapida faccio un check anche delle mutande che, come mi ha insegnato nonna, non si sa mai. Perfette.
- è che sa, certo sa, lei sa, sono gli uomini che vanno con le cinesi. Che fanno quelle robe lì, quelle famiglie arcobaleno, colorate, miste. Non le nostre donne. È un peccato, sa? - Porta l'occhio sul seno, bramoso, - certo che sa, lei sa, così come siete... proprio non vi si può guardare.-
Mi fissa compiaciuto e ride e sorride e schiocca la lingua, di nuovo, come se fossimo compagni di merenda.
- Come scusi? - domando ancora una volta, incredula. 
Jason non comprende l'italiano, mi appoggia una mano sulla coscia e fa un gesto di assenso all'omuncolo maledetto. Un saluto cordiale, una tempistica sciagurata. Caronte sbava.
- Va bene quando nella coppia è la donna quella gialla, ma così, che bisogno c'è, non andiamo bene noi italiani? Fa un po' strano, sa? - si toglie il cappellino, non più di 40 capelli attraversano un cranio perfettamente sferico.
- Ma non mi permetto eh, io no! - continua - Io non sono come quelli che vi odiano a voi stranieri, io dalle cinesine ci vado, contribuisco, sono brave ragazze, sa? E a quelli davanti al supermercato qualche centesimo glielo lascio pure. Ma gli zingari no. Sia chiaro. A lavorare devono andare, mica a rubare a noi gente per bene!- 
Sputazza una rapida sequenza di altri luoghi comuni e slogan mortiferi, quindi si accarezza il testone per lucidare quattro peli fuori posto. 
Vanesio, ignorante, stronzo, e altri epiteti facili da affibbiare scorrono nella mia mente senza una direzione precisa e utile. Troppo semplice. Affilo dunque le armi della mia indignazione, cerco parole taglienti ma istruttive per controbattere a tanta dabbenaggine, assumo una postura dignitosissima e apro bocca.
- Mi ascolti bene... - non faccio in tempo a finire che un piccione obeso, una cicogna, mi batte sul tempo e gli getta una cagata da 200 grammi dritta dritta al centro della fronte. Ahhhh la Provvidenza! In un attimo un fluido colloso e bianchiccio gli cola sul naso e punta dritto dritto verso la bocca. Merda alla merda. L'essere si agita, mugugna, gesticolando mi chiede se ho un fazzolettino. 
Lo ho. 
Glielo mostro.
Riesco a dire - non per lei, sa? - mi inchino, offro il braccetto all'hawaiano e scivolo via.

Ho fatto come il piccione. Un po' me ne rammarico, un po' no. 

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Sì, è una storia vera. Purtroppo.