venerdì 2 agosto 2013

Altri racconti di altri: Il vicino sul treno #11 di Paolo Marcotti

#11 (litania)
I pendolari del regionale costituiscono, in natura, una comunità. Quasi una famiglia allargata, ma il pendolare non ammetterà mai la definizione di famiglia, perché il pendolarismo ha un’etica e un’etichetta, non si fa abbindolare dalle smancerie, né si concede al sentimentale.
I pendolari, certo, hanno un lavoro, una famiglia, degli amici, degli hobby. Ma si tratta pur sempre di dimensioni influenzate dal pendolarismo, che, si potrebbe dire, dà una forma e un perimetro peculiari all’anima del pendolare.
Comunque sono tutti operai, anche se lavorano in banca. Perché viaggiano in regionale. Il regionale promuove tutti di diritto in classe operaia. Dai regionali è perfino scomparsa la prima classe. Questo rassicura e garantisce il pendolare: la dignità e l’uguaglianza sono raggiunte, scolpite, non discutibili.  
Il parente, l’amico, il vicino, il conoscente guardano al pendolare del regionale con rispetto, quasi con timore reverenziale, non per benevolenza o ammirazione verso le fatiche del viaggio, ma perché percepiscono che si tratta di una forma di lotta. Compagno pendolare.
Il pendolare ad alta velocità viene invece guardato con sospetto dall’estraneo al pendolarismo. Anche se è un fattorino precario, non la racconta giusta, c’è qualcosa che non va, un distacco. Il pendolare regionale invece non guarda al pendolare ad alta velocità. Sarebbe un guardare senza vedere, senza capire, un libro aperto in mano ma non sai leggere.
Per il parente-amico-vicino-conoscente il pendolare regionale è un maitre a penser. Il pendolarismo gli conferisce un’autorità e un’autorevolezza morale e intellettuale che naturalmente il pendolare non ha e sa di non avere. Ma è pienamente conscio del suo ruolo sociale e lo ricopre al minimo con abnegazione, e se può con creatività. È un invisibile collante.
Il pendolare regionale in alcune situazioni può apparire superbo. Ma si tratta, in realtà, di innocente e inconsapevole eccesso di competenza. Quando il viaggiatore occasionale si accomoda, il pendolare disapprova. Non per superiorità, ma perché sa che dalla stazione X in poi, su quel sedile batterà fastidiosamente il sole. O perché interrompe l’equilibrato e delicato schema di incroci delle gambe, che i pendolari, senza darlo a vedere, sanno gestire con approccio scientifico.
Il viaggiatore occasionale è spesso fonte di preoccupazione per il pendolare. Il viaggiatore occasionale si agita per un’infinità di motivi: perché è troppo caldo o troppo freddo, perché non riesce a sistemare le sue cose, perché non trova una posizione comoda, perché non ha obliterato, perché non trova il controllore a cui deve assolutamente chiedere informazioni, perché fa continue telefonate a voce troppo alta, per lamentarsi del ritardo e del fatto che niente funziona. Il pendolare naturalmente non nega l’esistenza di queste problematiche, che conosce fin troppo bene. Il pendolare si preoccupa per il viaggiatore occasionale perché vede chiaramente che l’agitazione peggiora lo stato delle cose, che può invece essere facilmente tenuto sotto controllo con il giusto aplomb. Allora fornisce, anche se non interpellato, alcuni preziosi consigli. Il viaggiatore occasionale avveduto li coglie e ne fa tesoro, i caratteri più bisbetici e incauti invece reiterano e moltiplicano la loro agitazione, nel qual caso vengono lasciati a cuocere nel loro brodo. Il pendolare è empatico, ma se non trova collaborazione si stufa.
Allora estrae dalla borsa un libro, e legge. Il pendolare ha sempre una borsa, che contiene sempre qualcosa da leggere e un ombrello. Spesso l’acqua, qualche volta un contenitore col pranzo. A volte una maglia, perché quando esce di casa il mattino presto fa freddo, o perché l’aria condizionata sul treno ti frega. Comunque il pendolare legge spesso, tanto, di tutto. A inizio carriera il pendolare può anche essere una tabula rasa, ma dopo qualche anno eccoti carriole di cultura, badilate di conoscenze, rimorchi di opinioni, tutte puntuali e a 360 gradi. Da Moccia a Dostoevskij, da Giacobbo a Hawking, da Totti a Bauman. Il pendolare singolarmente tende alla tuttologia. Un vagone intero di pendolari è quasi certamente tuttologo.   
Il pendolare quasi sempre ama parlare col suo simile. Chi si conosce da una vita parte sicuro, con ordine del giorno noto a tutti i partecipanti. Chi è meno introdotto comincia col pretesto del ritardo, del riscaldamento, dell’inadeguato viaggiatore occasionale, dell’uscita di spirito del controllore, di un rumore nuovo ed equivoco del treno. In ogni caso tutto il bagaglio intellettuale che il pendolare ha maturato sul treno o privatamente non entra in gioco. I pendolari parlano esclusivamente di aspetti pratici della vita quotidiana, o di cosa succede in famiglia o in paese. Al più, di salute. Al massimo, di sport. Mai di politica, e soprattutto mai di ricette per far funzionare meglio le cose. Per quello, il pendolare sa che il treno non è il luogo adatto, e anche lui va dal barbiere. Il pendolare è, prima di tutto, una persona sommamente consapevole. 
Infine, spesso i pendolari dormono. A volte per sonno e per stanchezza, sì, ma tante volte per sognare. Sognano luoghi piacevoli, ognuno a suo gusto. Chi con prati fioriti, chi con un laghetto, chi con spiaggia esotica, chi con baita alpina. Chi in compagnia della famiglia, chi degli amici, chi di quella mora con l’occhio languido ma piccantino che sale sempre alla stazione di Z. Ma, invariabilmente per tutti, nel sogno ci sono due città. Gli abitanti della città di A lavorano tutti nella città di B, e gli abitanti della città di B lavorano tutti nella città di A. E, naturalmente, si spostano tutti in regionale, ed è il migliore dei mondi possibili.