mercoledì 24 agosto 2016

VIAGGIO DI ANDATA - Vacanze 2016 - diario di viaggio - tappa 1/3

Quest’anno, complice la mancanza di denaro e il bisogno di assoluto riposo, abbiamo deciso di concederci quindici giorni di vacanza in Croazia, nostro primo amore. Niente di avventuroso, niente di culturale, niente di niente verrebbe da dire.  Solo mare, caldo assassino, odore di scogli bagnati e gente abbronzata che vende pesce fresco e albicocche più che mature. “Niente di niente”, verrebbe proprio da dire così, due settimane fatte di giornate molli come elastici usati e di giorni spesi a rimanere immobili, avvolti in respiri profondi e sedotti da quell’idea di ozio e di sospensione di coscienza che permette di riallinearsi con se stessi e di vivere più a lungo. “Niente di niente” appunto, verrebbe da dire senza alcun dubbio, verrebbe, se non fosse per un dettaglio trascurabile ai più, ma fondamentale per noi: partiamo in camper. Ancora una volta andiamo in camper in Croazia: io, mia figlia e l’esperto camperista, colui che due anni orsono ci aveva condotto generoso e claudicante attraverso una delle più disastrose e bizzarre vacanze mai sperimentate. Da allora dice di essere diventato molto più esperto, anzi un vero esperto. Tutta questa esperienza (noto subito) si riflette anche nella quantità di cose che ha deciso di portarsi dietro e con cui ha stipato tutto il mezzo. Io mi domando: questa volta quante batterie da auto avrà comprato? Due anni fa eravamo arrivati a 6, 7 con quella acquistata a un autogrill sulla scia del “perché non si sa mai”. Ora? Avremo abbastanza energia per dirigere il bestione sulla luna?
Come dicevo, questa volta partiamo preparati. Innanzitutto abbiamo il Tank (confidenzialmente chiamato il trolley della merda) e non saremo più costretti a bizzarre manovre clandestine per svuotare serbatoi maleodoranti. È un grande passo avanti, forse l’unico rilevante. Certo, sono percorsa da un brivido freddo al solo pensiero del primo necessario utilizzo, compiuto in scioltezza tra le piazzole e la brava gente. Ci sono molte cose che mi procurano incertezza quest’anno, l’esperto camperista infatti si è munito di canoa, un kajak giallo canarino nuovo di fiamma. Lo ha modificato con un motore elettrico e con parabordi norvegesi attaccati a bacchi di bamboo. È una imbarcazione di fortuna, tenuta insieme da cordini e speranza. Temo che l’esperto camperista si disperderà in mare e sarà salvato dai delfini o, se fortunato, troverà approdo nella terra delle lumache e lì aspetterà sereno l’inverno. All’esperto camperista piacciono le lumache, va detto.

Oggi abbiamo preparato il camper: borse, borsoni, pinne, maschere, forconi, dieci canne da pesca, ami, amini, ametti, un’isola galleggiante grande come il mio salotto, barbecue a campana, biciclette, esche per calamari, pallone, ventilatore, tavolo, sdraio, seggiolini, materassino, lacci, corde e tiranti, ammennicoli e fantasmi... Sono già stanca. Domani mattina, con 18 ore di ritardo sulla tabella di marcia, partiamo.

Venerdì. La giornata è calda, il cielo sgombro e i negozi sono aperti. Abbiamo ritardato la partenza di qualche altra ora… si sa, le spese dell’ultimo minuto. Sandaletti, altri ami, altri cordini, altro. L’esperto camperista è agitato. Farfuglia cose sconnesse, si alza, si siede, guarda fuori dalla finestra e annuisce soddisfatto. Inforca il vecchio monopattino dei Barbapapà di quando mia figlia aveva 3 anni e inizia a circumnavigare l’isola cucina. Il piede taglia 43 esce dal mezzo e sbatte sul pavimento. L’esperto gira veloce e altrettanto rapidamente ripete a bassa voce la lista delle cose fatte e da fare Pane francese, bigattini, pompa… padella, ahhh la padella… tonno…ma no il tonno lo prendiamo là…
Siamo pronti, saliamo sul camper, ci esplode un’anguria. Bestemmiamo e ritardiamo la partenza di un’altra ora: l’anguria e i suoi semini sono ovunque, sarà un funesto presagio?
L’esperto camperista mi ha assicurato che nulla sfuggirà al suo controllo. Tocco ferro, queste affermazioni così perentorie attirano la sfiga più dell’imminente arrivo della pensione. Ho tutto sotto controllo, così ha detto allargando lentamente il braccio e invitandomi a osservare con maggiore cura il lavoro da lui svolto: cordini ovunque, bisce bianche e nere che avvolgono cose e stritolano e stringono e mettono in sicurezza. Metri di cordini che trasformano il camper in una futuristica tana di ragno. Ne ha altre centinaia di metri nel bagagliaio, per le evenienze. Io ho lo sguardo della vedova nera.

Il motore del vecchio Ford s’agita e romba, sembra parlare ai miei reni di donna afflitta da “quel periodo lì”. Chiudo gli occhi, respiro una boccata di aria calda e sorrido, finalmente siamo usciti dal cancello e abbiamo percorso i nostri primi duecento metri verso le meritate vacanze; ce ne aspettano altri sessantamila.  
Alla prima rotonda, affrontata con coraggio e maestria, il frigorifero si apre vomitando tutto il contenuto nel corridoietto; ai semi di anguria incollati al parquet si aggiungono bucce di cipolla e acini d’uva. Sono tentata di schiacciarne uno, tanto per pareggiare. L’esperto camperista accosta, siamo a un chilometro da casa mia, scende dal mezzo, si sgranchisce le gambe e solerte mi aiuta a sistemare il frigorifero, in mano ha un cordino. L’ennesimo.
Ripartiamo. Sono le 14.30, la giornata continua a essere splendida e infuocata. Imbocchiamo la medesima insidiosa rotonda e la porta del camper si spalanca, esplode come una fucilata e sbarbatta e sembra lasciare entrare tutta Piacenza. Dietro di noi un ciclista bestemmia in dialetto. Sbianco, penso al pericolo scampato e chiudo l’uscio. Sarà un lungo viaggio.

Sono le 21.00. Il mondo vibra, i miei neuroni sono annientati uno a uno e io spero che questa esperienza aiuti anche la mia cellulite. Ora siamo sulle montagne slovene, fuori ci sono solo buio e boschi e finalmente c’è fresco.
«Vieni a vedere che bello! Un daino selvatico, laggiù» urla a mia figlia l’esperto camperista. Ha la voce strozzata dall’euforia. Accelera, non vuole farci perdere la magia di quell’incontro fortuito. Teniamo tutti gli occhi sbarrati, la strada sotto di noi scorre furiosa, in meno di un battito il daino si rivela: maestoso, gigante e di cartone. Indica che a 100 metri c’è un buon ristorante. In effetti ho fame.
Decidiamo di mangiare in camper ma, nonostante la lista, la premura, il piano d’azione e i settecento chili di bagaglio… non abbiamo il coltello. Mordo un salamino e buonanotte.


2 commenti:

  1. ahahahah chi ben comincia..... XD
    l'anno prossimo vi regalo dei lucchetti
    (visto che avete dei seri problemi a tener chiuse le porte)

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  2. La vacanza in camper ci trasforma... in peggio :D

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