Ho deciso di tenere memoria di queste mie prime vacanze in camper. Una memoria sottile come un formaggio fuso e rifuso. Scrivo in fretta, tra una buca e un panino.
Diario di viaggio: quinta tappa.
Vista da camper |
Mi guardano, li guardo. Gongolano, non gongolo.
«Glielo diciamo alla mamma?» Squittisce Rebecca
«Glielo facciamo vedere!» Sentenzia l’esperto.
«Glielo facciamo vedere!» Sentenzia l’esperto.
Mi obbligano a tenere gli occhi chiusi e mi trascinano
fuori.
«Mmmhh che buone…»
Sento l'esperto camperista masticare. Rebecca, entusiasta, si aggrappa al
mio vestito e quasi rimango nuda. Apro di scatto gli occhi. Tre secchi colmi di
mandorle giacciono a terra.
«Sono mandorle.», affermano.
«Prendine una.», dicono.
«Ce ne sono tante!», gridano.
«Sono velenose mandorle amare.», sussurro.
«Come velenose?», frinisce Rebecca con la voce strozzata e il terrore che l’attraversa.
«Quanto velenose?» Chiede l’esperto camperista tenendosi la mano sullo stomaco.
« Abbastanza velenose.» Alimento la suspence.
«Prendine una.», dicono.
«Ce ne sono tante!», gridano.
«Sono velenose mandorle amare.», sussurro.
«Come velenose?», frinisce Rebecca con la voce strozzata e il terrore che l’attraversa.
«Quanto velenose?» Chiede l’esperto camperista tenendosi la mano sullo stomaco.
« Abbastanza velenose.» Alimento la suspence.
Rebecca inizia a piangere, dichiara di averne mangiate tre e
ulula avvertendomi che non desidera morire, che è troppo presto. La consolo
come solo una madre può. Le dico che ne ha mangiate il limite consentito e la
bacio in fronte, sulle guance e sulle manine sudate. Intanto l’esperto
camperista si fa sempre più pallido.
«Io ne ho ingerite sei.» Si sbottona finalmente.
«SEI sono troppe, vero? SEI sono letali? Dove sarà un ospedale?» Salmodia goffamente.
«Io ne ho ingerite sei.» Si sbottona finalmente.
«SEI sono troppe, vero? SEI sono letali? Dove sarà un ospedale?» Salmodia goffamente.
Io non rispondo, lo torturo. Lo salva google. Da
interminabili sedute in bagno non lo salva nessuno.
Risalendo |
Dove stanno andando?
Non ho una risposta. I loro trolley si assomigliano, hanno
colori autunnali e linee pratiche. Un quarto uomo raggiunge i tre viaggiatori
trainando un valigiotto verde marcio e li saluta complice.
Qui c’è del movimento!
Controllo a destra e poi a sinistra. Nessun binario, treno,
controllore. Eppure i tre stazionano, ordinatamente. Sempre più curiosa e poco
discreta inizio a stazionare anche io. Finalmente il primo della fila si muove,
con un cenno del capo si congeda e si dirige verso la botola degli scarichi e
lì svuota il suo trolley. DAMN’T! Non contiene vestiti. La cosa mi illumina e
mi disgusta. So già cosa regalare all'esperto camperista per Natale.
La sera ritorna il freddo. Come chiocciole ci rintaniamo
nella nostra minuscola casa e ci dedichiamo alle piccole routine. L’esperto
camperista prepara le lenze: sbatte la testa contro antine, spigoli, scalette,
si punge con ami e coltellini, sanguina. L’esperto camperista è un uomo magro,
anche troppo. Ha le occhiaia e non sta mai fermo. Saltella, si scuote manco
avesse addosso le mosche e dimentica quel che sta facendo. Sono preoccupata per
lui, si sta annientando. Non ce la farà a resistere a queste vacanze.
Rebecca e io fatichiamo a prendere sonno, siamo circondate
da tende e tendine e per ogni tenda e tendina c’è un uomo che russa. Stanno
dialogando, chi con fare interrogativo, chi fischiando, chi grugnendo.
Ora esco e dirigo
l’orchestra!
Non faccio in tempo, arriva la fine del mondo. Il firmamento
si spalanca, un lampo imbianca e un fulmine colpisce la montagna. Il boato è
assordante, continuo e spaventoso. Io, nota ottimista, come sempre aspetto che
un grande macigno ci schiacci rotolando a valle. Non accade nemmeno questa
volta, per fortuna. Il tendalino ondeggia con forza e il camper lo segue.
Stiamo ballando. La gente che russa ora borbotta. La pioggia si impadronisce di
tutto. Provo a dormire con una preghiera stretta in pugno: “fa che l’esperto
camperista non esca sotto il diluvio” Rimarrebbe (è certo) immediatamente
folgorato.
Dal bar |
Rebecca fa amicizia con una bimba italiana. L’esperto camperista
fa amicizia con un esperto sciatore. Io faccio amicizia con il barista. Siamo
tutti contenti. Scopro che un vero salto sulla neve deve essere affrontato
tenendo gli sci perfettamente inclinati di 48 gradi (???) e che si pesca di più
con la carta stagnola che con i vermi. Ordino da bere e mi immergo in me
stessa.
Verso le 15 l’esperto pescatore (ex esperto camperista) claudica
fino al molo. I bimbi lo seguono come topi. Insieme si mettono a dare la caccia
al cacciabile: pesci, polpi, conchiglie. Io rimango sdraiata sotto il sole. Li
osservo senza voglia, una palpebra alzata e una no. Si muovono traballanti
sugli scogli e scrutano ogni anfratto. L’esperto pescatore cade, è ormai ridotto
a un mucchietto di stiracchiate cartilagini senzienti. Io sono felice (che
stronza!), sto accumulando appunti su appunti per il nuovo libro. Lui è Bembo.
In questa vacanza i polipi sono degli sfortunati
protagonisti.
Dopo quasi due ore di battuta serrata l’esperto cacciatore agguanta un
tentacolo. Da sotto un pietrone bagnato
emerge una piovra grande e grigia.
L’esperto pescatore la lancia sull'asfalto. L’animale si difende e
spruzza inchiostro ovunque. L’esperto pescatore è nero. La bestia prova a
fuggire reggendosi sui tentacoli, sembra fatta da mille serpenti. Mi ricorda la
dea Kalì. Un croato le si avvicina e inizia a prenderla a calci. Uno, due, tre
calci. Sono tutti dei barbari. Mi alzo,
voglio salvare la creatura. Non faccio in tempo. Sotto gli occhi di mia figlia
la piovra viene freddata con una sassata in testa. Rebecca strilla, è
disperata. Io squadro con odio l’esperto pescatore.
«Pensavo che poi lo liberassi, il polpo», abbaia
la piccina indicando l’esperto pescatore. Il ditino accusatore minaccia più di
mille parole.
«Mi avevi detto che volevi mangiarlo.» Si
difende l’esperto pescatore.
«Non te l’avrei fatto vedere, se lo avessi
saputo.» Insiste la piccina.
I bagnanti si zittiscono e il molo si trasforma in un
palcoscenico. I due protagonisti si rimbeccano a lungo e si scopre che il colpo
da maestro dell’esperto pescatore è stato in realtà un colpo di culo di una
bimba di 5 anni. Lui ne va comunque fiero. Forse lo perdono, la foga e la noia hanno guidato la sua mano. Amen.
Ceniamo con poco e chiacchieriamo fino a tardi. Verso l’una
di notte inizio a passeggiare lungo le viuzze che tagliano il campeggio. In
lontananza sento il rumore dei marosi. Ci sono i grilli, instancabili. Ci sono
anche le stelle. Accanto alle tende stanno allineate coppie di ciabatte.
Cammino tra gente che dorme e che lascia le scarpe sul prato. Considero le vite
di tutti. Penso che siamo compagni in questo luogo-non-luogo, accomunati da
poco e divisi dal linguaggio. Avanzo, una brezza fresca mi copre le spalle, un
gatto mi raggiunge. Vorrei rimanere così, a vagabondare fino all'alba.
bello, scorrevole, intrigante e spontaneo ...mi piace come scrivi quello che scrivi ....mi piace il modo di raccontare un quotidiano fuori dal quotidiano come solo una sensibilità al di sopra della media riesce a fare .
RispondiEliminaoddio, mi sto facendo una strana idea della croazia...
RispondiEliminaTI capisco. La Croazia è un luogo magnifico (te la consiglio), l'ho visitata a fondo anni fa. Quest'anno volevo solo mare e relax...sono stata punita.
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