Titolo di giornale: Schiacciato tra due auto
...ed ecco un possibile raccontino a tema...
Era tutta la vita che si allenava, tutta la vita. Immaginava
se stesso a due anni, muscolosissimo correre con il girello, sollevare le torri
di mattoncini e sfuggire all'occhio severo di sua madre. Quando aveva 10 anni
combatteva con i ragazzini più grandi, quelli delle medie e vinceva. "Il
piccolo Ercole", così lo chiamavano fuori dagli spogliatoi del centro
sportivo. <Piccolo Ercole riesci ad alzare la bicicletta con una
mano?...Piccolo Ercole riesci ad aprire la porta con un solo dito? Piccolo
Ercole chi vincerebbe tra te ed un robot?>. Gioie tra bambini, sciocche
sfide.
Ma l'adolescenza, spesa quasi tutta in riformatorio, lo
aveva abituato alle sfide vere, quelle che non conoscono compromessi, quelle
che devono essere accettate, quelle che servono.
Il "Macchia", gli procurava i clienti ed i clienti
gli procuravano soldi e rogne. Rubavano auto e lo facevano nell'unico modo che
Piccolo Ercole conosceva: usando la forza. Sceglievano quelle parcheggiate agli
angoli delle vie, arrivavano di notte, uno controllava la strada, abituato a
mimetizzarsi tra le ombre nere come un camaleonte corvino; l'altro si sputava
sui palmi delle mani, afferrava la carrozzeria e trascinava l'auto su un
camioncino. A Piccolo Ercole bollivano le vene ogni volta e di certo ci sarebbe
stato qualcuno disposto a pagarlo profumatamente per fargli fare le stesse cose
davanti ad una telecamera, ciononostante lui non smetteva, anzi. A lui piaceva
essere quello delle imprese impossibili, il super eroe tra i ladri, il gorilla
buono tra gli amici.
Quando non faceva tali immani sforzi si godeva la gloria.
Insieme a 4,5 perditempo buttava via quel che rimaneva del giorno in una
piazzetta sporca di un paesello della provincia, Cavabocconi. Sui gradoni
malmessi della chiesa compiva le sue prodezze: chiavi inglesi deformate tra i
suoi bicipiti, gomme di camion fatte esplodere con qualche calcio ben piazzato,
mattonelle rotte con la testa. <Grande piccolo
Ercole...meraviglioso...magnifico piccolo Ercole...solo tu...> Viveva per
quei momenti.
Un vago senso di eterno guidava oramai ogni sua decisione e
assecondava ogni più ingenuo desiderio. Qualcuno mormorava di aver visto,
tatuato sul petto di piccolo Ercole, uno scudo, rosso, infuocato. Stava
diventando leggenda e ci sarebbe anche riuscito, se non fosse stato per quella
mattina d'ottobre. Era al centro commerciale Bellegioie quando gli venne la
grande idea, una idea folle nata tra le barrette energetiche e le proteine in
polvere, amava quella roba da veri americani quasi quanto adorava i suoi muscoli.
Era arrivato il momento della grande prova, aveva bisogno di rendere omaggio a
se stesso: avrebbe fermato, con le sole braccia, due automobili, lanciate verso
il suo corpo, senza paura. Una a destra ed una a sinistra, motori infernali
potenti ed avidi di offrire un ultimo abbraccio mortale. Ce l'avrebbe fatta,
ne era certo, era l'unico a potercela fare. Andarono a vederlo in molti, tutta
Cavabocconi, anche i vigili. Macchia si era offerto come pilota ed aveva
anche scommesso un bel gruzzolo su quell'impresa. Il piccolo Ercole era a petto
nudo, unto e pettinato sotto un cielo biancastro. Imponeva le mani lungo i
fianchi, si sarebbe detto che, mosso dal vento, avesse potuto prendere il volo
come quegli uomini in calzamaglia e mantello dei fumetti. Magari avesse potuto.
Era morto così, convinto di averle fermate, schiacciato con l'aria di chi ha
trionfato, inutilmente. Non per Macchia, certo.
di Manuela Paric'
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