mercoledì 10 aprile 2013

Altri racconti di altri: Il vicino sul treno #3 di Paolo Marcotti

La signora Luana ha i capelli tagliati corti, da poco, con una bella tinta biondo platino che ha un effetto molto naturale e al di sopra di ogni ironia, almeno su di lei. 
Una sessantina d’anni, non trascurati ma nemmeno nascosti dietro qualche infantile espediente. Semplici e lucidi come il pelo del gatto più coccolato di casa. Gli stivali, di pelle chiara, e sopra una lunga gonna tigrata, un piccolo azzardo, anche questo quasi impercettibile su di lei. Il rossetto e le unghie di un insolito color rame le danno quell’aria da fotografia di qualche anno fa, piuttosto che da persona presente lì, in carne e ossa. Siede perfettamente diritta, con un accavallo elegante e compostissimo che ha qualcosa di nordeuropeo, pur senza trasmettere una sensazione di freddo.A volte, non troppo spesso, partecipa alla discussione delle altre donne, piuttosto chiassose, sedute nei pressi, che conosce ma con cui non è in confidenza. I suoi interventi sono a tempo, chirurgici, pare quasi che conosca da prima la lunghezza delle pause della conversazione e abbia delle frasi perfette da inserire. Perfette ma non studiate. Naturali. Le sue parole non sono banali o sorprendenti, né polemiche o spiritose. Inchiodano la realtà, e basta.È qui che vedo una sala tutta piastrellata di bianco e dei tavoloni metallici. La signora Luana, o dovrei meglio dire la dottoressa Luana, fa le autopsie. E le fa nell’unico modo immaginabile, con gesti essenziali e misurati, mantenendo un ordine interno ed esterno necessario perché la natura lo ha previsto così, sporcando e sporcandosi il meno possibile. Sì, il punto è questo. La dottoressa Luana non è mai stata sporca in tutta la sua vita. E non può che essere così: un mestiere, quasi una vocazione religiosa, ai confini con la divinità. Sacerdotessa della morte. Restitutrice di una causa là dove la causa è incompresa, ignorata, smarrita.Arrivata alla sua fermata, si alza e percorre il corridoio che separa il suo sedile dalla porta. Annuncia con tono liturgico, ufficiale ma disteso, il motivo della morte ai viaggiatori che man mano affianca. Io non sono in quella direzione. Rimango lì, appeso, senza verdetto.


di Paolo Marcotti

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